mercoledì 29 aprile 2009

Moanin.

Era la seconda volta si presentava in uno di questi centri di cui Barcellona è piena per mostrare le proprie foto, nella speranza di esporle un giorno.
Nessuna esperienza tanta passione. Gli avevano detto di trovare un tema, un filo conduttore che potesse legare le varie immagini.

Chiaro. La trovava molto giusta come cosa.

Il punto è che non si era mai realmente soffermato nel ricercare un tema per le sue immagini, dato che l'immortalare le cose dentro il suo obiettivo erano per lui un semplice passatempo che gli permetteva di ridare valore estetico alle cose che magari non ce l'avevano.
Era altrettanto insita nella sua passione per la fotografia, la capacità espressiva di questa arte.

A volte si commuoveva con le foto.

Poi un giorno l'illuminazione: guardando le geometrie di due antiche scalinate bianche che facevano da cornice ad una delle sue tante foto capì tutto.
Ci vide dentro inanzitutto quella che da sempre è stata la sua filosofia di vita. Il rifiuto totale deì pregiudizi e delle generalizzazioni (o le "banalizzazioni a prescindere").
Ci vide uno dei temi che più gli stanno a cuore e che tanto avevano influenzato tutti i suoi ragionamenti: la sadica e magnifica ciclicità del tempo, le stagioni di Walt Whitman che ritornano.
L'Aleph e l'Eterno Ritorno.
Era sempre stato affascinato dal fatto che il contrasto fra i contrari, fra gli opposti, fossero il segreto per scoprire la verità. L'importanza del relativismo, nonostante qualche Demone vestito di bianco ci dice di no.
L'importanza dei punti di vista differenti che devono sempre essere presi in considerazione. Tom Robbins e Matilde. Chuck Palahniuk e gli Afterhours ed Erasmo da Rotterdam, tutte queste cose si fondevano nella sua mente.
Il suo passato ed il suo futuro.
Guardava la medaglia e capiva che andava vista da entrambi i lati per poterne percepire l'interezza.
Vedeva le diverse architetture (appartenenti a stili ed epoche diverse) e si convinceva di come il "compromesso" fosse l'unica via per la fine delle lotte fratricide fra gli esseri umani.
Guardava la foto di una funivia sospesa nell'aria e si sbigottiva per lo shock che può provocare la semplicità.
Semplice come la verità.
Pensava alla sua come ad una fotografia musicale.
Pensava al becero urbanismo come forma per spiegare una canzone.
L'Aleph. Ossia il tutto.
L'esplosionismo cosmico dell'amico di Hrabal che dai rifiuti creava sculture stupende.
Gli piacevano i ragionamenti lunghi ed estremi così come le canzoni strumentali lunghe e dilatate all’infinito, dove ogni strumentista lasciava libero sfogo alla propria immaginazione e dove il flusso sonoro e caotico che sgorga da una chitarra blues ed elettrica, dopo quattro minuti di improvvisazione selvaggia, ritorna al tema centrale del riff iniziale.
Era sensibile al tema del caos ordinato, del caos arregimentato, del fuorismo totale legato però ad una certa logica.
Per questo amava “Marquee Moon”, per questo amava “Serenade to a Cuckoo”, “Heroin” nella versione di Rock’n’Roll Animal o “Who Do You Love” di Bo Diddley, sia nella versione dei Quicksilver Messanger Service sia in quella più garage e psichedelica dei Woolies.
Vedeva una foto e ci ascoltava il sax di Coltrane o la tromba di Miles o la chitarra di Tom Verlaine.
Poteva amare la prosa asciutta di Hem o il (a volte) prolisso Faster Wallace.
Del resto era così anche con le donne. Ogni donna era per lui una musica sublime (se mai arriverai a leggere questa riga sappi che tu per me sei "A Love Supreme").
Siamo il tempo che ci resta.

Gli accettarono dodici foto.
Forse dicendogli tutte queste cose doveva aver un pò rincoglionito i coordinatori del centro culturale dove le avrebbe esposte.

Uscì in mezzo alla strada.
La cattedrale sbucava fra lo scorcio creato dai palazzi. La mole degli edifici oscurava il sole e l'umidità che impregnava le pietre gli fece sentire freddo.
Ma ribolliva di fuoco sacro dentro. Un calderone di brodo bollente, ossa e liquame.
Girato l'angolo, la dea Casualità gli regalò l'ennesima fortunata coincidenza: c'erano tre musicisti stesi sulla strada con i loro strumenti. Un sax, un trombone e una chitarra. Si fermò e vide che il cappello dove dovevano esserci le offerte era tristemente vuoto. Ci mise 80 centesimi, era tutto quello che aveva. Loro sorrisero, ringraziarono e attaccarono "Moanin" di Art Blakey and the Jazz Messenger. Non ci poteva credere, erano giorni che ascoltava questo pezzo quando era a casa e lo adorava sempre di più. Gli sembrò un segnale divino.
Una ragazza, l'unica altra spettatrice, battè le mani insieme a lui alla fine del pezzo.
Il cameriere e la cameriera del ristorante di fronte alla piazza erano vicino ai bidoni della raccolta differenziata e si guardavano negli occhi con una tenerissima passione.
Se li immaginò correre a casa sotto il sole, per andare a fare l'amore.
La dignità della semplicità, il revisionismo del concetto di amore.
Stasera vedrà degli amici e si farà festa.
Ci sarà anche lei e questo lo riempì di felicità.

Nessun commento:

Posta un commento