venerdì 29 ottobre 2010

Cominciare a lavorare in un bar di una spiaggia brasiliana a 30 anni.

Vedersi dal di fuori, vedere un bamboccio irrequieto e inanimato. Vedersi andare per le strade con la testa bassa, la gente e la vita che scorre di fianco, solo una scenografia mal fatta. L'aura persa, spaurito e malinconico, tirarsi uno schiaffo da solo. Rialzare la testa e riguardare dritto negli occhi le persone. È questo quel che ci vuole. Svegliarsi.
Ho già un piano e qualcosa mi dice che andrà bene. Basta solo ributtarsi a capofitto. Vitelloni e polveri rosse e fitte che si creavano in cucina mentre il muratore tagliava grossi mattoni di cotto. Incuranti di tutto, gli inquilini mangiavano gamberi e bevevano da abbondanti caraffe, un vino bianco squisito. Pensai a quella ragazza che si cagò addosso la prima sera che andava a letto con un tipo. Pensai che mi stavo allontanando dalla gente, perchè rinchiuso in un egoistico ma corretto tentativo di autoanalisi.
La sera andammo in un posto che aveva tutte le caratteristiche e l'atmosfera di un raduno di beatnik. Mancavano Ginsberg e Kerouac, ma c'era una batteria frizzante e una chitarra divina.
Tornammo a casa felici. E ci imbattemo per la prima volta nelle nostre vite in un tentato suicidio.
Nessuna città è più letteraria di te, mia adorata Barcellona, nessuna più di te sa raccontarci così tante storie.

La ceramica non fa ridere (La morte del celibe).

Ho un invincibile, istintivo desiderio di ficcarmi sempre nelle situazione più complicate fino a quando un colpo di fortuna puntuale me ne tira fuori. Mi caccio sempre in quei contesti non "socialmente accettati", nella continua disperata ricerca del contesto più indicibile, più immorale, più estremo. Gli sfondi più di basso livello (secondo i punti di vista soggettivi), sempre alla ricerca di ciò che è sporco e irraccontabile. L'estetica, il bello della bassezza. Non avere limiti imposti o attegiamenti impostati. Gettarsi a braccia aperte nel limbo della vita dura, e trarne goduria. L'aspetto truce e meschino, io vivo fra ubriachi ed emarginati, fra i derelitti e i casi umani, fra le nebbie di fumo e la puzza della frittura, fra il vino stantio e appiccicoso e fra i vaneggiamenti dei dimenticati da Dio. Laddove non ci sono le convenzioni, dove l'abitudine è la sofferenza. Io canto tutti voi, perchè potrei essere voi e perchè voi siete me. La mia anima si illumina e il mio sangue scorre lungo le rughe degli emarginati, nelle vene violacee degli ubriaconi perchè è li che c'è la verità. La verità censurata dalla paura dei non umili. È li che c'è la vita che palpita, è li che ci si trova davvero a fare i conti con se stessi e quindi si decide per se stessi. Comprendo tutti coloro che sono sospinti solo dal senso di autoannullamento, l'autoannientamento. I profeti urbani della instabilità e della ferocia della società.
Le loro vite fatti di istanti che si annientano l'uno dopo l'altro in una lenta agonia. Una ruota che presto finirà di girare. Potrei essere te, tu potresti essere me. Siamo la stessa cosa e canto te e piango te e soffro con te. Solo alla fine di questo vortice tumultuoso sapremo chi avrà avuto ragione. E sono certo che saranno finalmente i disadattati a trionfare. Il fiume della Storia spazzerà le lacune democratiche e ci sarà giustizia. E vivremo tutti felici, redistribuendo, compassionevoli, quello che si è sempre rubato. Sarà allora che capiremo che è stato solo una mastodontica opera di autolesionismo privo di alcuna finalità ascetica.
Io nel frattempo guardo il mio bicchiere vuoto, il libro aperto a metà, la coppia seduta di fronte che si palpeggia i genitali, la cameriera che prepara cocktails e lo studente che legge Keynes, le persone che vendono il proprio corpo ma sono ben attente a non cedere nemmeno un pezzettino della propria anima e lotto contro il circolo di ferro delle parole che mi condannano ad una sterile inespressività, incapace di descrivere la mia "nausea dolciastra".
"Lui, il celibe, non avendo vissuto che per sè stesso, non aveva nessuno vicino al suo letto di morte".
Io, per quanto cammini fuori da me stesso vedendo la mia vita in terza persona, so perfettamente che tutto questo finirà. mi è già capitato altre volte.
Mi godo tutto questo, fa parte del gioco.

martedì 5 ottobre 2010

Questo boccale di birra non esiste.

Ho come l'impressione ultimamente, che Barcellona sia una puttana ed io il suo miglior cliente. La parte peggiore è che sono innamorato di lei. O almeno vorrei fosse amore.