martedì 3 agosto 2010

Mi han cacciato da una espozione sul punk londinese perché ho alzato il volume degli amplificatori.

Pensi che la soluzione ai tuoi mali sia lo scrivere. Ma non é cosí perché io mi sono reso conto che posso farne benissimo a meno. Dello scrivere, non dei miei mali.
Qual é il motivo che mi spinge a scrivere se non l'egomaniaco desiderio di essere letti, il vanesio tentativo di trovare qualcuno che si identifichi nelle parole e mi ammiri per essere riuscito a metterle su carta.
Il sommo piacere di poter curare con le parole.
Scrivere non é mai stata una necessitá fisica, non c'é niente di kafkiano o bukowskiano. Scivere é un modo per dire che ci sono anche io, un'ansia di trovare una cazzo di forma espressiva. Una forma espressiva che non conosco tuttavia. Il problema non é come trovare la disciplina per scrivere, il problema é ancora piú alla radice. Cosa avró mai da raccontare, qual é il mio vero ruolo. Mi sono sempre sentito in balìa degli eventi, lasciando che fossero gli altri, o al massimo le circostanze a decidere per me.
C'é forse solo il desiderio inutile di potere ubriacarmi al café Select in onore a Hemingway e poi andare a rilasciare un'intervista senza ricordare nessuna delle mie risposte.
Quando scrivevo articoli musicali lo facevo per scroccare dei concerti e per poter sedere con l'artista nel backstage.
Non mi sono mai goduto neanche un solo concerto per il quale ho poi scritto. Lo vedevo in terza persona, non lasciavo alla musica fare il suo dovere, cioé permettere al suo ritmo di entrare nel mio e godere della solita estasi in cui mi lascia quella fusione. Andavo ai concerti pensando fin dalla prima nota, all'incipit dell'articolo, agli aneddoti che avrei raccontato. Non godevo della forza della musica ma la filtravo attraverso le due cartelle di spazio che il giornale mi avrebbe lasciato nella sezione Cultura e Spettacoli. Il primo concerto al quale fui dopo aver lasciato il giornale, mi portó a riscoprire la gioia del sentirmi libero dalle parole.
Fu allora che capii che lo scrivere era per me tutta un'illusione, che in me non c'era il fuoco ma al massimo il tiepido piacere che mi veniva dal calore. Avevo un'idea di ció che volevo ma non sapevo come raggiungerla.
Il punto é che ancora non avevo cominciato il mio viaggio piú importante, quello dentro me stesso, ancora confondevo l'Io con il Sé, ancora ero vincolato ai dogmi delle societá occidentali pur credendo di rifiutarli. "Non c'é stupido piú pericoloso di colui che non sa d'esserlo".
Era cosí anche per me.

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