venerdì 22 maggio 2009

Quando sembrava che ormai fossero morti e tutti li davano per finiti, per spacciati, gli Stones tirarono fuori "Honky Tonk Woman".


Il rockabilly lo ascolti e sorseggi un mojito, il blues lo fai tuo stringendo fra le mani un whiskey robusto.
Gli spettacoli che una mia collega fa in una discoteca dopo il lavoro in aereoporto, chissà di cosa si tratta realmente.
Il lolitismo innocente e un gruppo di blues argentino, il cui cantante, genio incompreso, è un alcolizzato e durante i concerti ha l'abitudine di scagliare il suo cappello contro la pianista.
Un sindacalista corrotto che per ottenere una sistemazione fra i quadri dirigenziali, manda alla merda un intero reparto di gente che lavora sodo, fottendosene di 80 destini e famiglie.
La Spagna e il suo popolo fatto di simpatici pettegoloni, tutti pronti a scattare contemporaneamente verso il posto in cui è appena scoppiata una rissa, solo per il gusto di vedere quello che succede e poi raccontarlo agli amici.
Un sosia di Morrisey che vola a Liverpool.
Una rissa nel supermecato per difendere i diritti di un barbone quando in realtà era una scusa per scaricare i propri nervi, oramai tesissimi. Lo stesso vagabondo che un attimo dopo si sistemò sulla panchina che s'affacciava sulla rambla per godersi il suo J&B.
Le amicizie superficiali e quelle profonde che sopperiscono al bisogno d'amore.
Le inglesi porche e ubriache, che camminano scalze, con i piedi neri d'asfalto e polvere e le pietroline di brecciolina attaccate alle piante.
Soundtrack a tutto ciò: "A taste of Honey"(versioni dei Beatles, Rai Davis, Paul Desmond, Julie London), la canzone totale che nei suoi due minuti racchiude anima pop e improvvisazione jazz dilatata all'infinito.

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